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Ven, 26 Aprile 2024

Le ricette tradizionali del Veneto

Il Veneto, come ogni regione italiana, è caratterizzato da gustosissime ricette tradizionali, che vengono tramandate gelosamente e dettagliatamente di generazioni in generazioni, per garantire l’autenticità dei piatti di una volta.

Le ricette tradizionali sono le ricette che ogni turista vuole provare nel momento in cui visita questi luoghi.

Dalle rocciose Dolomiti, passando per zone collinari e per la sconfinata Pianura Padana fino ad arrivare ai lidi sull’Adriatico, le ricette venete sono semplici e caratterizzate da ingredienti poveri del territorio: sono delle vere e proprie ricette antispreco.

In quest’articolo ho selezionato cinque ricette di famiglia del Veneto. Oltre alla descrizione e all’origine del piatto, troverete anche suggerimenti su come abbinarvi il miglior vino a completamento del pasto.

Risi e bisi

Iniziamo il nostro affascinante viaggio nel Veneto con un primo piatto vegetariano: Risi e Bisi, il cui ingrediente cardine è rappresentato dai piselli.

Piatto tipicamente primaverile, legato al periodo di nascita di queste primizie, è una via di mezzo tra una minestra ed un risotto all’onda.

Con i Risi e Bisi ci fermiamo nel Vicentino, la cui storia gastronomica è stata influenzata dai Greci.  Le origini del piatto affondano le radici nel periodo medievale quando i monaci benedettini iniziarono a piantare una varietà pregiata di piselli: i bisi.
Al giorno d’oggi i bisi sono noti come piselli di Lumignano, prodotto tutelato dalla denominazione De.Co (Denominazione Comunale).

Questo semplice ma unico piatto veniva offerto dal popolo al Doge, in occasione del 25 aprile, in onore a San Marco, patrono della città di Venezia.

Si abbina molto bene ad un vino delicato, che si presenta al palato secco e di medio corpo come il Soave classico DOP.

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Casunzei

I casunzei sono dei ravioli a forma di mezzaluna, che vengono serviti con abbondante parmigiano dopo essere stati saltati in padella con del burro fuso.

Nel Bellunese il Casunzei o “casoncelli”, tipico primo piatto dei giorni di festa, soprattutto del Natale, deriva dalla gastronomia tirolese.

Questo piatto risente negli ingredienti, quale rapa rossa e semi di papavero, della dominazione degli Asburgo che, in questo territorio, è terminata alla fine della Prima Guerra Mondiale.

Il ripieno è realizzato di solito con barbabietola rossa, che conferisce una colorazione rossastro e sapore dolce, pangrattato e formaggio grattugiato, ma gli ingredienti possono variare in base alla stagionalità.

Il colore del ripieno varia a seconda della stagionalità passando da rosso, in inverno, con barbabietole, patate e semi di papavero, al verde dell’estate con spinaci e ricotta. In autunno diventa gialla grazie all’utilizzo della zucca oppure viola per la presenza del radicchio nella sua farcia.

In abbinamento ai Casunzei si può servire un vino marchigiano quale il Falerio DOC: vino bianco, secco e delicato al palato.

Baccalà alla Vicentina

Il baccalà alla Vicentina è il secondo piatto tipico e celeberrimo della città di Vicenza e vede affondare le sue origini nel XV/XVI secolo. Talmente è forte il legame tra questo piatto e la sua città d’origine, che dal 1987 esiste la “Confraternità del Bacalà” la cui filosofia è di mantenere, difendere e tramandare la ricetta nel tempo.

Il baccalà alla Vicentina ha come ingrediente principale il baccalà, o meglio detto stoccafisso, infatti il merluzzo utilizzato è stato in precedenza essiccato.

Allo stoccafisso vi si aggiungono: cipolla, latte, farina, acciughe ed olio (moltissimo).  La cottura è uno dei passaggi essenziali da non sottovalutare per ottenere un baccalà alla vicentina gustosissimo: viene cotto, infatti, a fiamma molto dolce per almeno 4 ore senza mescolare, ma facendo delicatamente roteare il tegame con le mani.

Solitamente viene servito con la polenta.

Si abbina bene al vino Colli Berici Tai Rosso DOC, un vino fermo, intenso ed al palato armonico e tannico.

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Sarde in saor

Le sarde in saor sono un antipasto a base di sarde fritte, tipico della città di Venezia.

Il piatto nasce dall’esigenza dei pescatori veneziani di conservare, il più a lungo possibile, il cibo a bordo delle loro barchette durante le loro uscite di pesca.

L’esigenza di mantenere a lungo le sarde pescate, portava i pescatori a mangiarle non nel pieno della loro freschezza , ma anche dopo alcuni giorni dalla pesca. Le sarde assumevano un sapore non più fresco, ma che è rimasto insito nella tipicità del piatto e che, anche se a molti non può piacere, andrebbe almeno una volta assaggiato visitando questa città.

Per realizzare le sarde in saor bisogna stufare le cipolle, meglio se  bianche e dolci di Chioggia, e stufarle cuocendole in aceto ed olio. Queste vengono disposte a strati, intervallate dalle sarde fritte, nei tipici contenitori di terracotta.

Nel tempo la ricetta è stata resa più altolocata aggiungendo uva sultanina, che permette di rendere meno forte il sapore delle sarde addolcendole, ma anche di donarle un taglio più nobiliare. Con l’uva sultanina si sente la presenza nel passato del Medio Oriente. In alcune ricette più contemporanee vengono utilizzati anche i pinoli.

Le sarde alla saor sono citate anche nell’opera di Goldoni  “Le donne di casa soa”:

“In pescaria ghe xe del pesce in quantità; 

m’ha dito siora catte, che i lo dà a bon marcà.

Un poche de sardelle vorria mandar a tor,

per cusinarle subito, e metterle in saor”.

Il vino ideale da abbinare a questo piatto agrodolce è un vino bianco fruttato e di struttura come il Soave DOC, che risulta deciso ed elegante allo stesso tempo.

Pandoro

Non possiamo concludere il nostro excursus nel Veneto senza parlare del dolce natalizio preferito dai piccoli di casa ,e non solo: il Pandoro. Tipico dolce di Verona e dalla forma caratteristica a piramide tronca con otto punte.

Le origini del Pandoro non sono del tutto note. Per alcuni le origini di questo dolce risalgono al 1500 ai tempi della Repubblica Veneziana, per altri, invece, sembra essere nato dalla rielaborazione di un altro dolce chiamato Nadalin oppure dal Pane di Vienna, pane asburgico ricco di burro e simile ad una brioche.

L’unica certezza è che la nascita del Pandoro moderno è da assegnare al pasticciere Domenico Melegatti che, il 14 ottobre 1884, ha presentato il brevetto di questo dolce presso il Ministero dell’Agricoltura e del Commercio del Regno d’Italia.

Come venne però l’idea al signor Melegatti di realizzare questo dolce? Semplice: prese spunto dal Levà, un dolce lievitato e ricoperto da mandorle e zucchero, che le donne cucinavano nel villaggio. Al Levà eliminò la copertura di mandorle e zucchero, che appesantivano il dolce, ed aggiunse uova e burro che donano all’impasto morbidezza.

L’ideatore della forma tipica del Pandoro è stato il pittore Angelo Dall’Oca Bianca ed il successo di questo dolce arrivò ben presto. Molti furono i pasticceri che provarono ad imitare il Pandoro, cercando di realizzare un dolce simile e più buono, ma nessuno vi riuscì.

Melegatti ideò anche un concorso mettendo in palio 1000 lire, un tesoretto ai tempi, ma il premio non fu vinto da nessuno. Passano gli anni, passano le mode, ma il Pandoro resta nei secoli l’intramontabile e soffice dolce delle festività natalizie degli Italiani.

Ah, non dimenticate voi più grandi di gustarlo con un buon Moscato d’Asti, spumante dal basso grado alcolico, ma profumato ed elegante, ottimo per esaltare un morbidissimo Pandoro di Verona.

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Giustina D'Alessandrohttp://ricettedibricioledipane.blogspot.com/
Medico Veterinario libero professionista da sempre appassionata della medicina e degli animali. Da queste due passioni  ho costruito la mia professione e da 6 anni lavoro in una clinica di piccoli animali. In continua formazione sto per conseguire il Master di I livello in  "Nutrizione e Alimentazione del cane e del gatto". Ho una terza passione, sin da piccola, che è la cucina. Adoravo sporcarmi di farina aiutando la nonna a cucinare e proprio da lei ho imparato le prime ricette della cucina cilentana. Ho aperto da qualche anno un blog di cucina in cui condivido le mie ricette di famiglia,e non solo, attraverso il quale vorrei diffondere la cultura italiana culinaria.

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