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Gio, 2 Maggio 2024

Le ricette tradizionali della Lombardia: polenta e riso

Polenta e riso, ingredienti tipici del nord Italia, ogni regione della nostra bella penisola ha le sue ricette. Basta chiudere gli occhi e, come per incanto, tornano in mente piatti fumanti, dalle tonalità calde, dalle morbide curve, in qualche modo lisce e sinuose: il massimo del confort food. Ma quali sono le ricette tradizionali della Lombardia? Vediamole insieme.

Entrambi piatti da meditazione, hanno tempi di preparazione più o meno lunghi, cotture a fuoco medio basso in paioli (o casseruole) di rame o di ghisa, con cucchiaio o mestolo di legno, magari su fuoco a legna; vanno gustati prendendosi tutto il tempo necessario per apprezzarne gli aromi e i sapori. Serve pazienza e voglia di cucinare.

Immersi in questo delizioso paesaggio, dove i confini non sono cosi definiti come sulla cartina geografica, le ricette variano di zona in zona. Come da tradizione sono piatti in qualche modo ben conditi, si parte con l’immancabile burro, ma anche lardo, olio e formaggi; arricchiti di selvaggina, salumi e formaggi (nelle zone alpine), pesce di acqua dolce, (nella zona dei laghi), ma anche baccalà, rane e lumache. E poi verdure di stagione, patate, verza, funghi, legumi e altri condimenti a seconda del territorio.

Polenta

Ci sono vari tipi di farine per polenta. C’è la tipica farina di mais gialla che può essere bramata (farina a grana grossa tipica per la polenta); poi c’è il fioretto ha una grana più fine, ideale per polente più vellutate o panature; quindi l’integrale, mais macinato e non setacciato, dona una consistenza molto più rustica. Inoltre c’è la farina nera di grano saraceno, solitamente a grana media.

Che tu la voglia di consistenza morbida o soda (da poterla tagliare anche con un filo), è una questione di acqua e farina. Si parte da 4 litri di acqua per ogni kg di farina, (molto dipende dalla sua finezza). Le indicazioni per 4 persone sono di 500 g di farina; a meno che non sia piatto unico, in quel caso dipende molto da quanto piace.

Una volta cotta in paiolo, anche non stagnato, oggi anche in casseruola antiaderente col fondo spesso. Non me ne vogliano i puristi.
Acqua salata (la quantità di sale varia a seconda della sapidità del condimento che si userà); appena bolle, si versa a pioggia la farina, lentamente, e si inizia a mescolare, inizialmente con una frusta (per eliminare i grumi), poi con un mestolo di legno. Mi raccomando, sempre nello stesso verso e con interruzioni brevissime. Pian piano comincerà a sbuffare e dopo circa 45-60 minuti la polenta sarà pronta.
Può essere consumata semplicemente con latte o formaggio, ma anche con: una lista interminabile di leccornie.

“Quando l’acqua comincierà a mormorare, io prenderò di quell’ingrediente, in polvere bellissima come l’oro, chiamata farina gialla; e a poco a poco anderò fondendola nella caldaia, nella quale tu con una sapientissima verga andrai facendo dei circoli e delle linee. Quando la materia sarà condensata, la leveremo dal fuoco, e tutti due di concerto, con un cucchiaio per uno, la faremo passare dalla caldaia ad un piatto…” (Rosaura, da “La donna di garbo” di Carlo Goldoni)

La polenta si può fare anche con farine come farro, orzo, miglio, o farina di panico, sorgo, o castagne, magari miscelate al mais (o no) in proporzioni variabili. E c’è anche la variante dolce.

Note senza glutine:

Le farine da polenta sono generalmente gluten free, tuttavia bisogna fare molta attenzione che siano certificate senza glutine. Questo vale anche per le precotte!

Tra le ricette tradizionali lombarde troviamo:

Polenta e osei

La polenta e osèi è un piatto tipico della bergamasca, del bresciano e, in generale, della cultura contadina. Paiolo di rame, ma anche di alluminio, armati di bastù (bastone per rimestare), il goal e ottenere una polenta soda da abbinare a uccellini di piccola taglia (osèi = uccelli), spesso sostituiti da quaglie.
Si può anche abbinare al coniglio, selvaggina, stracotto d’asino e altri tipi di carne.

A proposito di Bergamo, si racconta che lì la polenta sia un atto d’amore. Non è solo un piatto invernale, la si consuma sempre, in particolare la domenica. Fanno anche una versione dolce della “Polenta e osèi”, un pan di spagna con crema al burro e marzapane, decorato con uccellini di cioccolato.

Già con la creazione della prima Regia Stazione di Maiscoltura (Curno 1920), la bergamasca è una zona vocata alla coltivazione del mais; oggi con una speciale attenzione al recupero delle varietà autoctone come lo Spinato di Gandino, il Rostrato di Rovetta, il Nostrano dell’Isola e il Rostrato dell’Isola Ambivere. C’è anche l’Ordine dei Cavalieri della Polenta, fondato a Spirano nel 1976.

Note di vino:

Si accompagna a un Valcalepio Rosso Doc – Azienda Agricola Ca’ Verde (Bergamo).
Rosso rubino intenso e vivace; bouquet intenso, con sentori di liquirizia e legno; sorso asciutto e vellutato. Vino a tutto pasto, si adatta perfettamente ad antipasti, primi piatti con carne o selvaggina, formaggi più o meno stagionati.
Da abbinare anche a un Valcalepio Bianco Doc, o un Oltrepò Pavese Barbera Doc.

Polenta e bruscitti

Ricetta sostanziosa, nata in tempi di povertà per recuperare la carne attaccata alle ossa (bruscitti significa briciole). È un piatto tipico di Busto Arsizio (Varese), e dell’alto milanese, a base di polenta e questa carne battuta a lama di coltello. I bruscitti vanno saltati in padella con burro, pancetta (o una ricca pestata di lardo) e semi di finocchio selvatico (l’erba bona). Lo dice la confraternita enogastronomica del “Magistero dei Bruscitti”, un’associazione nata nel 1975 per salvaguardare la cucina rustica e tradizionale bustocca.

Note di vino:

Si accompagna a un Barbera IGT – Bisio Devis (Pavia)
Rosso rubino con riflessi granati; profumo fresco, con sentori di frutta rossa; sorso corposo e strutturato. Ideale con salumi e formaggi in genere, polenta, carni rosse e selvaggina.
Da abbinare anche a un Verboso Rosso Ronchi Varesini Igt dell’azienda Cascina Piano (Varese)

“Mangiare insieme è tipico (anche se non esclusivo) della specie umana: «Noi», fa dire Plutarco a un personaggio delle sue Dispute conviviali, «non ci invitiamo l’un l’altro per mangiare e bere semplicemente, ma per mangiare e bere insieme»”. (Massimo Montanari)

Polenta “Taragna” e sue varianti

Piatto nutriente e appagante, soprattutto nelle giornate più fredde, tipico della cucina valtellinese, la si prepara anche nel bresciano e nelle valli bergamasche.
È alla base una polenta di farina nera (di grano saraceno), alla quale si aggiunge della farina gialla, condita con burro (aggiunto progressivamente durante la cottura), e formaggio (Casera, Bitto, Fontina, Ribelle, Taleggio, Branzi, Formai del Mut ), incorporato a fine cottura, nella fase di mantecatura. Ottima come piatto unico, ma anche per accompagnare piatti a base di salumi, funghi, carne o selvaggina.
Il nome “taragna” deriva da “tarai”, il bastone usato per girare la polenta in cottura, per evitare che si attacchi al fondo.

Polenta in fiur

È solitamente tutta farina nera e la panna sostituisce l’acqua nella preparazione della polenta. Il formaggio si aggiunge in ultimo, appena prima di togliere il paiolo dal fuoco.

Polenta Cròpa

Tipica della Val d’Arigna, situata al centro delle Alpi Orobie valtellinesi.
La polenta cròpa, è una variante della polenta in fiur, (in questo caso è farina nera con un po’ di gialla). La sua particolarità è l’aggiunta in cottura di patate lesse schiacciate.

Polenta Taragna della Valchiavenna

Farina bianca, gialla e nera in parti uguali, cotte in acqua salata, condita con burro e formaggio come il Bitto o il magnuca.

Note di vino:

Si accompagnano a un Valtellina Superiore Grumello Docg “Buon Consiglio” – Società Agricola ArPePe (Sondrio).

Rosso rubino tendente al granato; note floreali con sentori di agrumi. Lunghe macerazioni e affinamento, tra tini in legno, botti grandi e bottiglia. È un vino a tutto pasto.

Dell’azienda agricola ArPePe, 13 ettari di vitigni nel cuore del Valtellina Superiore, un piccolo mondo a parte che continua il metodo tradizionale valtellinese di famiglia dal 1860. (Qui trovate una lista dei migliori vini della Valtellina).

Da abbinare anche a un Gradoni Curtefranca DOC.

Polenta “Uncia”

Nome omen: uncia vuol dire unta, grassa, per la quantità di formaggio e burro con i quali viene condita.

Tipica delle province di Como e Lecco, è una polenta di farina bramata e farina nera; prima cotta in paiolo, successivamente passata al forno in contenitori di terracotta, condita con strati di formaggi d’alpeggio (Latteria, Casoretta, Semuda, Edam, Emmental, Bitto, Fontina, Taleggio, Grana), aglio e salvia soffritti nel burro. Piatto unico da gustare fumante.

Polenta Tóc

Specialita di Bellagio, (la perla del Lago di Como), è una polenta simile alla uncia, in questo caso però si puo mangiare con le mani (tóc = toccare). Piatto ricco e conviviale si abbina ai misultin (gli agoni: pesci di lago salati ed essiccati al sole); alla gallina ripiena bollita, o al salame.

Note di vino:

Da gustare con un Terre Lariane Rosso IGT “San Giobbe” – Azienda Agricola La Costa (Lecco)
Rosso rubino; al naso regala toni floreali e fruttati, sentori speziati; fresco, giustamente tannico e persistente. Pinot nero vinificato in acciaio, affinamento 12 mesi in tini di rovere, poi in tonneaux. Perfetto per un pranzo in famiglia o una cena tra amici.

È nella lista dei vini Slow Wine “ovvero quei vini che, oltre ad avere una qualità organolettica eccellente, riescono a condensare nel bicchiere caratteri legati a territorio, storia e ambiente”. (Slow Food)

Dell’azienda vitivinicola La Costa, 12 ettari vitati di proprietà, nel Parco Regionale di Montevecchia e della Valle del Curone, coltivati secondo i criteri dell’agricoltura biologica. In La Valletta Brianza (Lecco).

Da abbinare anche a un Oltrepò Pavese Barbera DOC, o un Riviera del Garda Classico Valtènesi DOP.

Invitare qualcuno alla nostra tavola vuol dire incaricarsi della sua felicità durante le ore che egli passa sotto il vostro tetto. (Anthelme Brillat-Savarin)

Polenta e “sardine non-sardine” del Lago d’Iseo

Conosciuta localmente come sardina è in realtà un agone che, dopo una breve salatura, viene fatto essiccare al sole e all’aria di lago per una quarantina di giorni (da dicembre a marzo); poi messi sott’olio a maturare. Dopo qualche mese le si mangia alla brace (con una spruzzata di aceto), accompagnate dall’immancabile polenta gialla, preferibilmente cremosa.

Note di vino:

Da gustare con un Sebino Igt Bianco – Ricci Curbastro
Giallo paglierino, aromi di susina e fiori bianchi, un sorso di grande freschezza e sapidità; invitante come le dolci curve delle colline della Franciacorta. Dell’Azienda agricola di Gualberto Ricci Curbastro & figli, viticoltori da 18 generazioni tra Brisighella (Ravenna) e Capriolo (Brescia).

Le ricette tradizionali della Lombardia - Risotto allo zafferano - Photo by grobery (CC BY 2.0)

Riso

Che sia bollito, cotto per assorbimento o risottato, il riso è un delizioso primo piatto (o pietanza di accompagnamento), ricco, saporito e cremoso.

Preparazione caratteristica delle terre del riso, tra Piemonte, Lombardia e Veneto, a prescindere dalle possibili ubicazioni delle origini, il risotto è, con la pastasciutta, una delle nostre specialità più rappresentative. E, a parte in minestra, si mangia con la forchetta.

Considerato per secoli un alimento terapeutico, da un ricettario del Maestro Martino, (cuoco lombardo del XV secolo) all’epoca si preferiva risottare il miglio: “Coci il miglio con brodo di carne, et fallo bene bollire adagio menandolo bene, et riguardandolo dal fume, et vole essere giallo di zafrano. Et in prima vole essere ben netto et lavato con acqua calda como il riso”.

Le varietà oggi coltivate in Italia sono tantissime, quelle che seguono sono tra le più usate nei piatti classici:

  • Originario: per minestre, dolci di riso, timballi e crocchette.
  • Arborio: per risi asciutti, risotti e dessert.
  • Carnaroli: ideale per i risotti, insalate di riso e timballi.
  • Vialone Nano: ottimo per risotti, riso pilaf, insalate di riso e dessert.
  • Baldo: risotti, timballi e minestre.
  • Roma: perfetto per minestre, crocchette e arancini, bisogna fare molta attenzione alla cottura.

Ecco alcune delle ricette tradizionale della Lombardia ancora oggi popolarissime.

​Risotto alla milanese

Nella versione classica, quella d’altri tempi, si partiva con il “cervellato”, un insaccato a base di grasso di maiale, midollo di manzo, spezie, uova, formaggio e zafferano, che veniva usato come condimento per il soffritto iniziale.
Il risotto moderno prevede burro, cipolla e midollo di bue, quindi il riso e il brodo (di carne) da aggiungere man mano che viene assorbito. Lo zafferano, che dona quel ricco colore dorato, verso la fine cosi da non disperderne l’aroma. Quindi si spegne e lo si manteca con burro e grana: mantecatura viene da “manteca” cioè burro.
Normalmente lo si abbina all’Ossobuco in gremolada, (un trito di prezzemolo aglio e scorza di limone grattugiata).

Riso al salto

Piatto anti spreco, è un modo eccellente per recuperare il risotto alla milanese avanzato trasformandolo in un tortino da saltare in padella per renderlo croccante. Attenzione a rigirarlo con cura così da non romperlo.

Note di vino:

Piatto da gustare con un PBQ Cruasé Rosé Oltrepò Pavese Metodo Classico Docg – Piccolo Bacco dei Quaroni (Pavia).

Rosso antico, perlage fine, sentori di piccoli frutti rossi; struttura da vino a tutto pasto. Pinot Nero 100%. Dell’Azienda agricola Piccolo Bacco dei Quaroni, quattro vigneti ognuno con una precisa vocazione, nell’Oltrepò Pavese, zona Montù Beccaria.

Da abbinare anche a un Capriano del Colle Doc bianco “Fausto” – Società agricola Lazzari (Brescia).​

Riso e zucca

Ricetta della stagione autunnale, è un piatto che può essere anche risottato (cottura tipica del risotto). Si può fare con tantissimi tipi di zucca ma in Lombardia ce ne sono due tipiche del territorio: la zucca mantovana e la Bertagnina di Dorno (Pavia).

Per le loro forme particolari la prima è chiamata anche cappello del prete, la seconda bertagnina dalla parola “bartò” o “bartòi”, che in dialetto locale significa berretto, un copricapo dei contadini di zona.

Note di vino:

Si accompagna a un Lugana Superiore DOC “Antico Vigneto” – Anna Palvarini (Brescia)
Giallo paglierino intenso, note di agrumi e albicocche, è spesso usato anche nella preparazione del risotto. Dell’Azienda agricola Anna Palvarini, il vigneto si trova tra la sponda sud del lago di Garda e le colline moreniche; in Lugana di Sirmione.

Da abbinare anche a un Franciacorta DOCG Dosaggio Zero “Solouva” – Azienda Agricola Solouva (Brescia).

Riso alla pilota

Piatto storico della cucina mantovana, il nome “pilota” pare derivi da “pila”, una sorta di mortaio per la pulitura del riso. Questa è la versione di Casteldario dove ha ottenuto la De.C.O. (Denominazione Comunale d’Origine).

È un riso prima cotto in acqua salata per circa sette minuti, poi scolato, rimesso in pentola, coperto anche con una tovaglia e lasciato riposare per circa venti minuti. Successivamente va sgranato con un cucchiaio di legno, per essere poi completato ripassandolo con un soffritto di pisto di maiale (carne trita condita con aglio, cannella, noce moscata, sale e pepe), e formaggio grana.

Ne esiste anche una variante “col puntèl”: una braciola di maiale, o costina o salsiccia, cotte alla brace e poste sul riso.

Note di vino:

Si accompagna a un Lambrusco Mantovano Incantabiss – Fondo Bozzole (Mantova)
Rosso rubino con riflessi purpurei, frizzante secco; spuma vivace, profumi minerali e di frutta rossa leggermente macerata e fragola; fine in bocca. Dell’Azienda agricola Fondo Bozzole si trova nelle campagne di Poggio Rusco, nell’Oltre Po Mantovano, dove usano il metodo Biologico di difesa delle colture.

Da abbinare anche a uno Sforzato di Valtellina Docg “Vino Sbagliato” – Azienda agricola Dirupi (Sondrio).

Riso e prezzemolo

Il “Ris e erburìn” è una minestra (più o meno brodosa) a base di riso e brodo di carne fatto con manzo, gallina, osso spugnoso e tanta pazienza. Il prezzemolo, con il formaggio, si aggiunge alla fine, a fuoco spento.

Dallo termine “erburìn” (che in milanese fa riferimento al prezzemolo) deriva l’aggettivo “erborinato” usato per i formaggi striati di muffa dal tono verde/blu.

Note di vino:

Si accompagna a un Lugana Doc Catulliano – Pratello (Brescia).
Giallo dorato verso il verde pallido, sentori di frutta come mele e pesche, al palato minerale e fresco. Dell’Azienda agricola Pratello, un’azienda agricola biologica dedicata alla conservazione e allo sviluppo di vitigni tipici, situata nella frazione di Pratello, sul Lago di Garda.

Risotto con pesce persico e salvia

Piatto tipico della zona dei laghi, è un risotto bianco abbinato a filetti di pesce persico fritti in burro e salvia. Il persico è un pesce dalla carne tenera e delicata, che si pesca nel lago di Como, di Pusiano e in tutti i piccolo laghi del paesaggio brianzolo.

C’è anche una versione con le lumache della Brianza in umido.

Note di vino:

Da gustare con un Valcalepio Bianco Doc 2018 – Castello di Grumello (Bergamo)
Giallo paglierino intenso, sentori fruttati di mela fresca; secco e ben bilanciato. Vino a tutto pasto. Della Tenuta Castello di Grumello, una tenuta vitivinicola nel cuore della ValCalepio, tra Bergamo e il lago d’Iseo.
Da abbinare anche a un Lugana Doc , o un Collina del Milanese Bianco Igt.


Photo Credits:
“Polenta with Roast Pumpkin and Brown Butter” by simpleprovisions licensed with CC BY 2.0
Risotto “sun-rice” by grobery licensed with CC BY 2.0
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Orsola Ciriello Koganhttps://appetibilis.net/
Creatrice di contenuti e blogger appassionata narratrice di storie. Quando non scrivo, testo ricette dolci e salate, fotografo o preparo cibi e bevande per le riprese fotografiche. Non necessariamente in quest'ordine... [🇺🇸 I'm a gourmet traveler, content writer and blogger... When I'm not writing, I photograph, cook & style. Not necessarily in this order]

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