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Gio, 2 Maggio 2024

Le ricette tradizionali della Lombardia: i primi

Inizia il mio viaggio alla scoperta delle ricette tradizionali della Lombardia ispirata dalle parole di Mario Soldati. Sono tratte dal documentario “Viaggio nella Valle del Po” alla ricerca dei cibi genuini, forse uno dei primi dedicato all’enogastronomia, andato in onda sulla Rai tra il 1957 e 1958.

« Viaggiare è conoscere luoghi, genti, paesi. E qual è il modo più semplice, il modo elementare di viaggiare? Ma è di mangiare, di praticare la cucina di un paese dove si viaggia. Perché, se voi ci pensate bene, nella cucina c’è tutto: c’è la natura del luogo, il clima, l’agricoltura, la pastorizia, la caccia, la pesca… e nel modo di cucinare c’è la tradizione di un popolo, c’è la storia, la civiltà di questo popolo… »

Regione tradizionalmente ricca, si va in Lombardia per tanti motivi, che si tratti di attrazioni turistiche, moda o affari. Dai laghi alle montagne, dalla campagna alle città d’arte, non mancano le occasioni di svago e divertimento all’insegna dello sport, del benessere, della cultura e, naturalmente, del buon cibo.

La cucina lombarda, depositaria di tradizioni dai sapori forti e rustici, è ricca e varia. Le sue ricette tradizionali perdurano nel rispetto delle usanze locali, ma anche attraverso rivisitazioni moderne, raccontando lo stretto legame che hanno con la storia, i luoghi e la natura del territorio.
Come da consuetudine italica, sono ricette gelosamente custodite e tramandate di generazione in generazione, e ce ne sono tante quante le persone che le tramandano.

Questo viaggio alla scoperta delle specialità gastronomiche lombarde inizia con i primi, il mio tipo di portata preferito. Dalle generose e opulente paste ripiene, ai primi più o meno veloci – ma sempre ben conditi – della cucina povera, sono tutti piatti legati agli eventi, alle usanze, ai riti, agli ingredienti e ai prodotti tipici del posto.

Ricca di tradizioni culinarie, in Lombardia sono tre i prodotti agroalimentari tradizionali certificati (PAT) che derivano dalle coltivazioni vegetali. Tutti e tre naturalmente senza glutine.

  1. Grano saraceno della Valtellina detto “nustran”. La farina, chiamata anche “furmentùn”, è prodotta a Teglio (SO).
  2. Mais (o granturco) e la tipica farina per polenta della bergamasca, prodotta nelle province di Bergamo, Lecco e Cremona.
  3. Riso che trova la sua culla nel pavese, nel lodigiano e basso mantovano.

La scelta è stata dura, le ricette tradizionali della Lombardia sono davvero tantissime, tutte allettanti e sicuramente buonissime. Queste sono il risultato della selezione di quelle che vorrei assaggiare almeno una volta nella vita.

In un ordine alfabetico che va dalla z alla a, inizio con la Valtellina (Sondrio e provincia). Sono tante le specialità valtellinesi a base di grano saraceno come gli sciatt, i ravioli di bresaola, le manfrigole, i chisciöi; (naturalmente ci sono anche i pizzoccheri, ma ho già avuto modo di gustarli).
Segue Parre in Val Camonica con i suoi scarpinocc; i tortelli di zucca di Mantova; i ravioli di ortica di Luino (Varese); i maltagliati al mascarpone di Lodi; l’agnolotto di Canneto Pavese (Pavia); i tortelli cremaschi di Crema (CR); i marubini di Cremona; i casoncelli bresciani o bergamaschi.

E poi ci sono anche le innumerevoli variazioni di gnocchi, polente e risotti… ma questa è un’altra storia.

“Il vero buon gusto è sempre così: inconsapevole e involontario.” (Mario Soldati)

Sciatt (antipasto)

Gli sciatt sono una specialità valtellinese originaria di Teglio (provincia di Sondrio). Il nome, nel dialetto locale, significa “ranocchio” – c’è chi dice sia dovuto alla forma che la pastella prende in cottura o al fatto che quando friggono saltino.
È una frittella a base di grano saraceno che, una volta nel grasso di frittura (storicamente lo strutto), si rigonfia prendendo una forma rotondeggiante, con una specie di codino. Sono croccanti all’esterno, con un generoso e filante cuore di formaggio del territorio: solitamente il Valtellina Casera, ma anche il Bitto; due DOP di zona.

La composizione dell’impasto può variare nelle proporzioni tra farina di grano saraceno e quella di frumento (dal 70% al 50%) – originariamente pare fosse solo saraceno. Può essere amalgamato con acqua, acqua frizzante, ma anche acquavite, birra o vino rosso.

Originariamente serviti di mattina, a colazione, con un bicchiere di latte appena munto, sono oggi degli antipasti sfiziosi. Infilati in stecchini-spiedini e abbinati a cicoria, cicorino o insalata, possono diventare un bel secondo piatto. Pare, però, si possano mangiare in qualsiasi momento della giornata.

Note di vino:

Gli sciatt si accompagnano alla fresca sapidità di un Terrazze Retiche di Sondrio IGT (vinificato in bianco); o a un Nebbiolo in purezza come il Valtellina Superiore Sassella DOCG; e se hai usato del vino nell’impasto, abbinalo allo stesso.

Note gluten free:

Si potrebbe utilizzare solo la farina di grano saraceno, magari a grana fine, ma ne risulterebbe un impasto difficile da governare. Per questo suggerirei di provare con una pastella leggera fatta di una parte di saraceno e una con farina di riso e fecola di patate, (o amido di mais), in percentuali variabili. Ovviamente la ricetta è da testare.
Nel caso si usi birra deve essere necessariamente senza glutine.

Ravioli alla valtellinese (primo vegetariano)

Quando i pizzoccheri cambiano forma per racchiudere i sapori tipici della sua Valtellina in una sfoglia rustica a base di farina di grano saraceno, (naturalmente di produzione locale), ecco che nascono i ravioli alla valtellinese.

È un impasto basico – gli ingredienti sono quelli del disciplinare dell’Accademia del pizzocchero di Teglio (provincia di Sondrio): acqua e farine (4 parti di saraceno + 1 parte di farina di frumento). Il ripieno è a base di patate, verze, formaggio Valtellina Casera DOP. Conditi con burro e salvia, e una spolverata di formaggio grana.

Note di vino:

Si accompagna perfettamente con un vino alpino del posto, un Nebbiolo in purezza come il Rosso di Valtellina DOC. Ma c’è chi preferisce lo Sfursat (Sforzato) DOCG. Un rosso corposo, da meditazione, ottenuto dai migliori grappoli di Chiavennasca (il Nebbiolo di zona), lasciati poi appassire per circa tre mesi prima della pigiatura.

Note gluten free:

È facile, basta sostituire la parte di farina bianca con un mix per pasta fresca et voilà!

Manfrigole (antipasto o piatto unico)

Manfrigole (o Manfrigoli) sono crespelle tipiche dell’alta Valtellina. Sono fatte con grano saraceno e farina di frumento.
Una volta pronte vanno riempite con formaggio, bresaola, pane raffermo ammorbidito nel latte (spesso era pane di segale) o altri ingredienti tipici della zona; quindi arrotolate e tagliate in due o tre cilindri (dipende dalla grandezza). Successivamente vengono disposte in una pirofila, insaporite con cubetti di formaggio Casera, qualche ricciolo di burro e infornate per la gratinatura.

Esuberante antipasto, perfetto per le giornate più fredde, ma anche piatto unico (sono veramente sostanziose), vanno gustate appena sfornate.

Note di vino:

Si abbinano naturalmente ad un Valtellina Superiore DOCG: c’è chi preferisce la sottozona Grumello (austero e al tempo stesso vellutato); o la sottozona Sassella (delicato ma dalla struttura vigorosa); oppure la sottozona Valgella (morbido e poco tannico).

Note gluten free:

Sostituire la farina di frumento con un mix senza glutine per paste fresche, e il pane raffermo con uno senza glutine ( o crackers).

Scarpinòcc de Par (primo vegetariano)

Scarpinotti di Parre, l’origine è montana, in ValSeriana, provincia di Bergamo. È una pasta ripiena a forma di ali d’uccello (che assomiglia tanto a quella di una caramella), si accompagna a tutte le occasioni di festa del paese.
Sul nome ci sono un paio di teorie: la prima è che pare derivi dalle calzature artigianali di panno in uso nel paese. La seconda da un tipo di torta ripiena di pane, formaggio ed erbe selvatiche.

Un tipo particolare di casoncelli (pasta ripiena delle province di Bergamo e Brescia), negli scarpinoc c’è un ricco ripieno “di magro”: non hanno ne carne ne pesce, ma formaggio grana (in origine si utilizzava il “motel” formaggio di monte), uova, latte, burro, pangrattato, prezzemolo e spezie (il segreto pare sia la miscela “saporita”).
Anche la sfoglia è ricca. Come da disciplinare è una combinazione di farine di frumento (1:4 grano duro e tenero) impastata con latte (o acqua), uova e burro. Si servono conditi con del burro nocciola e foglioline di salvia.

Note di vino:

C’è chi suggerisce un Terre del Colleoni rosso Schiava (di un rosa tenue-cerasuolo) o rosso rubino del Franconia; entrambe vitigni autoctoni. Chi invece preferisce un Valcalepio bianco; entrambi DOC dell’area bergamasca.

Note gluten free:

Opterei per un buon mix per pasta fresca con un’aggiunta di gomma di xantano, per aggiungere collosità all’impasto della sfoglia e lavorarla meglio; (da testare).

Agnolotto di Canneto Pavese

È un agnolotto dalla forma bombata con dalle caratteristiche ben precise: le dimensioni sono stabilite intorno ai sette centimetri, il peso sui 35 grammi (ma c’è chi dice anche 40 gr). La forma è dovuta all’utilizzo di un bicchiere come coppapasta.

Detto Bata Lavar (batte sulle labbra), appunto per la sua mole non può essere mangiato in un solo boccone e quindi “batte sulle labbra”.
Sfoglia classica con farina e uova, ripieno con un trito di manzo brasato in chiodi di garofano e vino rosso. Solitamente preparato per le feste di Natale e Carnevale, in passato ne venivano serviti quattro al capofamiglia e due a donne e bambini.

Tradizionalmente da servire in brodo, sono buonissimi anche “asciutti”: conditi con il sugo di brasato preparato per la farcia.

Note di vino:

Da gustare con la Bonarda dell’Oltrepò Pavese. Un vino pop, rosso porpora spumeggiante (secco o appena abboccato), conviviale e ideale a tutto pasto.

Note gluten free:

Opterei per un buon mix per pasta fresca con un’aggiunta di gomma di xantano, per aggiungere collosità all’impasto della sfoglia e lavorarla meglio; (da testare).

Tortelli di zucca (primo vegetariano)

Si tratta di un piatto di “magro” tipico di Mantova da preparare di rigore e tradizione almeno per la Vigilia di Natale.

Sfoglia classica (farina e uova), questo piatto è un esempio perfetto di come l’abbinamento dolce e salato possa creare qualcosa di deliziosamente unico nel sapore e consistenza.
Il ripieno è composto da ingredienti tipici del posto: dalla zucca a pasta gialla alla mostarda di mele campanine (le antiche mele della nonna), al formaggio grana, agli amaretti. Con della noce moscata.

Riguardo alla forma da dare al tortello. In un articolo del 1931 (Guida Gastronomica del Touring Club Italiano) lo si descrive così: “I tortelli mantovani sono un po’ più grandi degli omonimi emiliani, ed hanno la forma d’un cappello napoleonico che faceva parte, altre volte, del costume dei portatori di vino della Mantovana.”
Insieme ad un passaggio del poeta Ettore Berni: “…dag la forma d’on capèl;/ e s’at vol po’ fart’ onor, d’ on capèl da portador ;/ e s’at vol chi diventa fin fai pu gros d’on agnolin.” [… dagli la forma di un cappello e/ … di un cappello di portatore/ e se vuoi che sia più pregiato dagli la forma di agnolino].
Si condiscono con burro e salvia.

Note di vino:

Un Garda Colli Mantovani DOC ben accompagna e riequilibra il dolce della zucca e degli amaretti. Ma anche un Lugana bianco DOC.

Note gluten free:

Mix di farine per pasta fresca da impastare con una parte di uova intere e un’altra di soli tuorli, (la proporzione è da testare).
Per i vegetariani più attenti, tra i prodotti locali c’è il Gran Mantovano, un formaggio a caglio microbico, da tavola e da grattugia.

Tortello Cremasco (primo vegetariano)

È un tortello dolce-speziato-salato originario di Crema; pare ce ne siano tanti tipi quante le persone che li preparano: per alcuni la forma è a mezza luna, per altri è triangolare, può cambiare la composizione delle farine, o lo spessore della pasta.

Si racconta che il vero depositario della ricetta più popolare sia il signor Amilcare Cazzamali della Drogheria di Crema, che ha poi aiutato la Confraternita del Tortello cremasco, nata nel 2015, a codificarla.

Gli ingredienti da usare sono 11 e 5 sono i pizzichi per chiuderlo. Si tratta di una sfoglia sottile fatta con farina di grano tenero e acqua bollente, che contiene una farcia composta anche da mentine, amaretti Gallina al cacao, il mostaccino, (biscotto speziato tipico di Crema); gli ingredienti senza i quali non esiste che si chiami tortello cremasco.
La tradizione li vuole rigorosamente fatti a mano e generosamente conditi con burro e formaggio grana.

Note di vino:

Tradizionalmente i tortelli si abbinano a vini rossi giovani e fruttati, magari frizzanti come la Bonarda dell’Oltrepo Pavese.

Note gluten free:

Sicuramente un mix per pasta fresca che contenga farina di riso finissima e amido di tapioca.

Casoncelli (primo, anche in versione vegetariana)

I casonsèi, casunsei, casonieri, (probabilmente da “calzoncini”) sono una pasta ripiena tipica sia del bresciano che della bergamasca: una sorta di ravioli dalle forme variabili – a caramella, mezzaluna, fazzoletto ripiegato – più o meno grandi, con ripieni diversi.

Con sconfinamenti fuori provincia, il modo di prepararli varia di paese in paese, anzi di casa in casa, tutti in qualche modo depositari della ricetta originale; tuttavia ci sono elementi comuni che li uniscono.

Dal sapore ricco e avvolgente: possono essere farciti con carne (e/o salsiccia), o verdura; serviti, quasi sempre, con burro fuso e salvia. Pare che fino al XIX secolo la ricetta fosse più vicina a quella del tortello cremasco: ripieno dolce-sapido fatto di pere, mandorle o mostaccioli tritati… (tutti ingredienti costosi).

Un proverbio dice: “Chèi che ‘mpasta i casonsèi i maia föra la casa è i tèmpiei” [Quelli che impastano i casoncelli sperperano tutti i loro beni]

Il casoncello bresciano ha una sfoglia sottile che racchiude un ripieno composto di pane grattugiato, burro e formaggio grana.

I casoncelli bergamaschi pare siano gli eredi degli artibotuli ripieni (da un documento del 1386), sono a forma di disco ripiegato, riempiti con carne, pane grattugiato, grana, uova, prezzemolo, aglio, sale e pepe; nel tempo sono stati aggiunti anche pera, uvetta, scorza di limone, amaretti.
Il condimento prevede burro fuso, salvia e pancetta rosolata.

Ma questa non è l’unica ricetta di questo territorio, ne esistono diverse versioni che variano di località in località.

  • C’è quella vegetariana di Longhena: fagottini di magro senza uova che, oltre al pane grattugiato, burro e formaggio grana, hanno anche prezzemolo (o altre erbette) e aglio; e
  • quella di Barbariga, con un ripieno che si arricchisce di prosciutto cotto, erbette, brodo di carne e noce moscata. Generalmente le forme sono due: una rettangolare, (fatta piegando in due un ritaglio di pasta); o triangolare, piegando seguendo la diagonale. Entrambe le ricette vogliono una sfoglia sottilissima.
  • Poi ci sono quelli della Val Camonica: i cadunsei ad Artogna; i caicc a Breno; i calsù di Vione. Ci sono anche i cahunheì, pipìhahàcc, calhù…

Ci sono anche i casoncelli di magro per gli stomaci deboli, secondo una ricetta del 1839. Sfoglia senza uova e ripieno con pere spadone, mandorle dolci, cedro candito, amaretti, uovo, burro. Chissà perché?

Mi raccomando, non chiamateli ravioli!

Note di vino:

Il vino da abbinare ai casonsei varia a seconda del territorio, c’è chi lo suggerisce fermo e chi spumeggiante. Ci sono i DOC rossi come il Valcalepio Rosso, il Cellatica, o il Botticino; i bianchi come la Lugana o il San Martino della Battaglia. Per chi ama le bollicine c’è il Riviera del Garda Bresciano rosé oppure un Franciacorta Brut.

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Orsola Ciriello Koganhttps://appetibilis.net/
Creatrice di contenuti e blogger appassionata narratrice di storie. Quando non scrivo, testo ricette dolci e salate, fotografo o preparo cibi e bevande per le riprese fotografiche. Non necessariamente in quest'ordine... [🇺🇸 I'm a gourmet traveler, content writer and blogger... When I'm not writing, I photograph, cook & style. Not necessarily in this order]

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